“Venga, venga il Tuo Regno d’Amore”, venuta che accade nel silenzio, nel nascondimento, nel piccolo di ogni giorno, come il lievito nell’impasto, e che si manifesta anche nella Rigenerazione amorosa dell’ umanità, dove ciascuno fa l’esperienza che Dio è Amore , che ci è vicino e che si fa nostro cibo per aiutarci a percorrere la via d’amore e vivere l’esperienza del cielo già qui sulla terra. Ed è con questo desiderio della venuta del Regno, e di far si che Gesù sia sempre più conosciuto e amato, che nella quotidianità e nel poco che facciamo, cerchiamo sempre di “diffondere il bene per far conoscere che Dio è carità” ( M. Ilia). E cosi insieme alla cura dei bambini nello sviluppo fisico, educativo, affettivo, abbiamo anche l’attenzione alla formazione religiosa, che ha come scopo non solo quello di prepararli a ricevere i Sacramenti, ma di portare i bambini a conoscere “Gesù, il pane vivo disceso dal cielo.”(Gv 6,51), il Dio che ha dato la sua vita per amore nostro. E come non è possibile contenere nel nostro cuore la gioia che abbiamo sperimentato in questi giorni, oggi vogliamo condividere con voi un altro passo dei nostri bambini nel cammino della fede. Quattordici di loro hanno rescevuto i Sacramenti della Riconciliazione ( D. Adolf) e dell'Eucaristia (Vescovo Simon).
La celebrazione è stata semplice, bella e raccolta. C’era un'aria di serenità, i bambini erano raccolti e hanno vissuto profondamente questo momento particolare di grazia inesplicabile. I bambini hanno condiviso la gioia e l'emozione come hanno detto alcuni di loro "non dimenticherò questo giorno, sarà segnato per sempre nella mia vita", “Questo è il giorno più importante della mia vita”, "Voglio che Gesù viva sempre nel mio cuore", "Sono così felice".
E così, insieme ai bambini, abbiamo vissuto un momento di gratitudine a Dio che ci fa sperimentare sempre in modo nuovo il suo Amore.
Rigenerare nell'amore: la nostra missione e vocazione, un dono di Dio a Madre Ilia e a ciascuna di noi. Così dove stiamo, viviamo questo amore in modo semplice e silenzioso nel piccolo della quotidianità, attente ai segni dei tempi, servendo i piccoli in modo semplice, cercando di rispondere al dono che Dio ci ha fatto.Quando abbiamo iniziato la nostra missione qui in Tanzania, una delle prime constatazioni che abbiamo avuto è stata la svalutazione delle donne e la poca possibilità di sviluppo per le donne soprattutto nella formazione accademica, dovuta alla povertà economica e di mezzi.Così all’inizio della nostra missione abbiamo dato la possibilità ad alcune ragazze di realizzare il sogno di studiare e prendere il diploma di insegnante e infermiera.
Abbiamo fatto un progetto di accoglienza per ragazze, per aiutare coloro che non avevano la possibilita di concludere la scuola secondaria. Abbiamo iniziato con dieci e a questo progetto abbiamo dato il nome di “Sviluppo della donna”. Di queste, la prima ragazza di nome Catherine ha concluso gli studi e noi gioiamo e festeggiamo con lei questa conquista! Come un dono di Dio che, come nel Vangelo dei talenti, ha fruttificato.
Suor Arta, suor Fernanda e il gruppo delle ragazze in formazione del Villaggio S. francesco in Tanzania sono state impegnate in una missione vocazionale sabato 5 e domenica 6 novembre 2021. Hanno svolto l'apostolato vocazionale nella parrocchia di Lutare, isola di ukerewe.
Suor Arta, missionaria in Tanzania dal 2017, è in partenza dopo un tempo di ricarica fisica e spirituale. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e le sfide educative che raccoglie quotidianamente nel Villaggio dei bambini.
Stai per tornare in Tanzania, chi ti aspetta nel villaggio San Francesco?
Il villaggio è una grande famiglia: ci sono 54 bambini tra orfani e bambini con storie difficili di povertà; ci sono tre suore, due suore brasiliane e una italiana; ventisei ragazze, tra studentesse e aspiranti suore. Poi troverò Franco Testa e i volontari che attraverso l’associazione Africaintesta si avvicendano e danno il loro contributo e la loro amicizia.
Com’è organizzato il Villaggio e come si svolge la giornata dei bambini?
Attualmente noi ospitiamo cinquantaquattro bambini, che diciamo “i nostri”. Infatti, consideriamo cosi quelli che vivono nel villaggio giorno e notte, e poi ci sono gli “esterni” che vengono invece solo per frequentare la scuola. Per quanto riguarda l’organizzazione e la scansione della giornata: dalle ore 8 alle 4 del pomeriggio è il tempo scuola, i bambini sono accompagnati nelle attività dai loro insegnanti, pranzano a scuola, giocano, fanno i compiti; dopo le 4 del pomeriggio iniziano poi le attività extrascolastiche, che comprendono la cura del giardino, dell'orto, la cura degli animali, i giochi all’aperto e così si arriva fino a ora di cena per le 19,30, e poi a nanna.
Quali sono le problematiche più grandi vissute dall'infanzia nel villaggio?
La cosa più problematica che noi notiamo, e che ci preoccupa, è la condizione di salute dei bambini. Li abbiamo accolti nel villaggio ed essi avevano alle spalle situazioni di povertà e disagio che hanno lasciato dei segni nel fisico e non solo. Facciamo un po'di fatica a sostenere questa situazione, cioè cercare di curare tutti e fare in modo che ognuno stia bene. Inoltre, i bambini in Tanzania non sono abituati ad essere curati… Questo nostro impegno, la cura, l’attenzione nei loro confronti a loro sembra una cosa strana. Non sono abituati ad avere qualcuno che si prende cura di loro. Ci accorgiamo che a volte anche per i bambini risulta faticoso tutto questo, perché sono abituati a cavarsela da soli. Sono portati a vivere alla giornata, senza troppo ordine, senza troppe regole, e le regole nel villaggio sono necessarie visto che siamo in tanti! E’ faticoso entrare in alcuni ritmi di attività e di studio, spesso non sono abituati a studiare. In Tanzania lo studio finisce con la scuola, non si concepisce lo studio a casa. Noi cerchiamo di educarli alla lettura come attività piacevole, avvicinarli ai libri non solo per studio…!
Tu accompagni un gruppo di ragazze nella scoperta della loro vocazione… Quali sono le sfide più grandi nella formazione lì in Tanzania?
Accompagno queste ragazze insieme a suor Jenniffer. Sono tante e quindi abbiamo deciso di dividerle in due gruppi: il gruppo di quelle più grandi che accompagno io e l’altro gruppo guidato da suor Jenniffer. La sfida più grande, a mio avviso, è quella di far prendere loro coscienza di quello che ognuno è. Occorre pazienza per accompagnarle nella scoperta del loro mondo interiore, far loro considerare la profondità dell'animo umano. Spesso le loro relazioni sono superficiali, non sono educate ad ascoltarsi, ad esprimere i loro desideri, i loro sogni, a raccontarsi. Ripeto loro che siamo persone, che siamo delle meraviglie, che la vocazione religiosa non si può scoprire se non in un cammino che sia umano. Hanno bisogno di fare esperienza di fiducia, di accoglienza e piano piano di maturare dentro questi sentimenti per poterli comunicare.
Alcune di loro sono accompagnate da circa due anni e dei piccoli segni già sono visibili. Anche lo studio che abbiamo proposto loro sin dall’inizio aiuta in questo cammino di crescita e di consapevolezza di sé, oltre ad essere un’opportunità per il loro futuro. Anche in Tanzania adesso le cose stanno cambiando. Anche lì sono diffusissimi i social media e c'è una grande corsa verso tante aperture, magari anche così superficiali verso il mondo occidentale. Con lo studio si cerca di dare degli strumenti, di stimolare un senso critico per affrontare meglio anche la vita sociale.
C’è un episodio significativo in questa sfida formativa che ci puoi raccontare ?
Un episodio che mi è rimasto molto impresso riguardo a una delle ragazze: ho parlato tante volte della centralità della persona umana, dell’importanza della famiglia, di vivere con delle persone che ti vogliono bene, con degli affetti. Dopo qualche mese una delle ragazze che vedevo pensierosa, triste mi dice “perché non possiamo avere anche noi una famiglia normale, per esempio mia mamma ha fatto tanti figli con più uomini, alla fine nessuno di noi figli è in contatto con l’altro”. Questo mi ha fatto comprendere più da vicino come le esperienze di ognuno segnano il percorso e quanta delicatezza è necessaria per far sì che ognuna possa accogliere il proprio passato e poter arrivare a costruire delle relazioni significative.
Qual è il rapporto del popolo con la Fede, con il Vangelo?
La gente in Tanzania, ma forse tutti gli africani, hanno un rapporto molto forte con la fede, in realtà, sono un popolo credente, profondamente credenti, a prescindere dalla religione. E questo si vede in tutti i momenti, una fede molto semplice, quotidiana… Ci fa sorridere, ma loro il nome di Dio ce l'hanno sempre in bocca “Se Dio vuole…”, “Dio ci aiuti…”, “Il Signore non ci abbandona…”. A volte veramente fa commuovere sentire queste espressioni di fede, perché magari chi le pronunzia ha delle situazioni così povere…Anche davanti ad un bicchiere d'acqua trovano motivo di ringraziare Dio, questa educazione alla religiosità avviene nelle famiglie. In Tanzania sono in buona parte musulmani, anche se nella zona dove siamo noi la maggioranza sono cristiani, non cattolici. Nascono chiese ogni giorno, la gente è attratta dal religioso e tende a seguire chiunque si presenti come un buon oratore. La Chiesa Cattolica resta il maggiore punto di riferimento per quanto riguarda anche la formazione umana e culturale. Monsignor Renatus, prima vescovo di Bunda e ora arcivescovo di Mwanza, ha investito molto nell’educazione e istruzione attraverso la costruzione di scuole. Crede molto nella formazione umana per migliorare la società.
Quali sono le necessità più grandi del villaggio?
Il nostro scopo, quello a cui tendiamo, è far sì che possiamo essere autosufficienti per il domani. Ovviamente per fare questo domani bisogna investire oggi; attualmente stiamo cercando di investire nell'agricoltura e nell’allevamento degli animali. Ciò permette di mantenere il rapporto con la cultura e le risorse locali. La coltivazione della terra, la cura degli animali rappresenta una forma di sostentamento per il villaggio, ma è anche una prospettiva di lavoro per i bambini, una volta cresciuti. Educare a lavorare e a poter vivere liberi con il proprio lavoro. Oggi nel villaggio abbiamo una piccola fattoria con mucche, maiali, capre, pecore, conigli, galline, tacchini… Ci servono ovviamente per vivere e quindi così in questo modo abbiamo sempre le uova fresche per i bambini, la carne, il latte. Quest'anno abbiamo anche lavorato nelle risaie e abbiamo avuto un raccolto di 15 sacchi di riso pari a 1500 kg.
…Stiamo insegnando alle ragazze e ai bambini a lavorare il latte, quindi che è possibile produrre il formaggio (in Tanzania non esistevano i derivati del latte); stiamo insegnando a fare il pane, i biscotti…Sono delle piccole cose utili per la loro vita. Questi bambini, queste ragazze usciranno da lì con un sapere. E’ fondamentale imparare ad utilizzare le materie prime, che ci sono in Tanzania, ma purtroppo manca la conoscenza e l’esperienza.
Ci sono dei progetti che possiamo sostenere?
Noi portiamo avanti il progetto dello studio per le ragazze. Offriamo la possibilità di studiare alle ragazze che vengono da famiglie povere, che non avrebbero nessuna chance. La prima ragazza che abbiamo sostenuto finisce il suo ciclo di studio nel mese di novembre… Poi in base ai risultati degli esami potrà continuare gli studi o iniziare a lavorare. La scuola in Tanzania è molto selettiva e meritocratica. E’ un progetto di sostegno e di promozione umana che potete sostenere.
Poi c’è il progetto “Costruiamo il villaggio”…Il numero di bambini che chiede di essere accolto è sempre più grande e il villaggio si sta espandendo. Abbiamo la necessità di nuove costruzioni, così come la necessità di migliorare le strutture del villaggio, perché ovviamente è stato costruito con dei criteri e oggi, vivendoci, vediamo che ci sono comunque delle modifiche e dei miglioramenti. Esempio la pavimentazione, la controsoffittatura nelle classi…Poi abbiamo necessità dei contenitori per conservare l'acqua piovana, non bastano mai, perché quando inizia la stagione della secca, andiamo poi in difficoltà per l'acqua.
Un'ultima cosa, suor Arta: un saluto per quelli che leggeranno l'articolo?
…Ciao! Mi piace più che altro fare un invito. Vi invito a venire in Tanzania e vedere questa realtà… perché per quanto uno possa raccontare, e tu suor Viola lo sai benissimo, la realtà vissuta è un'altra cosa. Quando si vive è differente, quindi vi invito a poter sperimentare di persona la missione. Abbiamo tanto spazio, abbiamo possibilità di ospitarvi…Quindi, karibuni!
La Diocesi di Bunda, dove è collocata la casa di accoglienza dei bambini orfani e Albini “Villaggio San Francesco” - e dove siamo anche noi Suore Piccole Missionarie Eucaristiche - ha vissuto un tempo particolare di festa e di gioia! Un nuovo vescovo per la diocesi: mons. Simon Masondole! E noi di modo particolare abbiamo gustato questa gioia.
Don Simon ha percorso con noi strade, isole, villaggi per cercare bambini che dovevano essere accolti in questo centro. E’ stato nominato “Mkurugenzi”, cioè direttore di questo centro: dalla sua inaugurazione fino a novembre 2020. Poi è stato inviato come Maestro di Liturgia nel Seminario Maggiore a Dar Es Salam.
Nel giorno 06/04/21 ha ricevuto la nomina di Vescovo di questa Diocesi. Per lʼoccasione della sua consacrazione e il possesso il giorno 04/07/21, sono arrivati dallʼItalia il presidente dell’associazione Africaintesta Franco Testa, la nostra Superiora Generale madre Patrizia Coppola, suor Rita Ginestra Rita, suor Marianna Liguoro e due volontarie Stefania e Fabiana. Hanno partecipato a tutte le celebrazioni insieme a un gruppeto dei bambini più grandi della Casa.
Mentre era in corso la festa il Vescovo si è allontanato ed è venuto qui per salutare tutti i bimbi e godere della presenza di tutti coloro che sono venuti dallʼ Italia. Appena entrato ha detto: “Sono tornato a casa mia, saró sempre presente tra voi”… E noi sappiamo che lui porta questa opera nel cuore!
Inizia una nuova tappa per la Diocesi di Bunda e noi saremo disponibili, aperte a collaborare e a portare avanti questa opera in comunione con il Vescovo.