Quando ho iniziato a scrivere questa breve riflessione stavamo attraversando la prima fase della crisi, quella più critica. Inutile ricordare il clima di apprensione - per non dire di paura - che si respirava ovunque, dalle stanze della politica, ai luoghi di culto e che non è ancora scomparso.
Sono convinto che lo ricorderemo questo tempo di pandemia per sempre! La mia speranza è che, una volta concluso, non lo archiviamo tra i giorni bui della storia, ma abbiamo la sapienza di valutare anche il buono che abbiamo imparato e custodirlo come il bene più prezioso che la vita ci ha donato.
Quest'anno celebriamo la Pasqua senza staccare gli occhi dalla Croce e da tutti i crocifissi piantati in questi giorni nel cuore della terra. Pensavamo di essere potenti, di avere tutto sotto controllo, di essere liberi e autonomi e invece, un “microscopico virus” ci ha messo in ginocchio.
Il popolo d'Israele che celebra il passaggio del Mar Rosso, dalla schiavitù alla libertà, deve camminare per quarant'anni nel deserto e fare i conti con tutte le fragilità e povertà radicate nel cuore dell'uomo prima di sporcarsi i piedi con la terra che il Signore aveva promesso.
La Chiesa, invece, celebra il passaggio dalla morte alla vita, è la vittoria di Cristo Gesù: la vita donata per amore che fa esplodere il sepolcro diffondendo l'aroma e il profumo del Risorto. La sua nuda solitudine crocifissa, si trasforma in un grido di vita che fa vibrare le colonne dell'universo. È il vagìto della nuova creazione.
Celebrare la Pasqua è vivere questo desiderio di novità. La resurrezione di Gesù non è una “rianimazione”, non è un ritorno alla vita di prima, ma un passo avanti. È per questo che molti non lo riconoscono e lo scambiano per un giardiniere o per un semplice pellegrino. È Lui o non è lui? No, è Lui! Gesù non torna alla vita, Gesù risorge. É tutta un'altra cosa!
Cosa vogliamo fare allora dopo questa quarantena? Vogliamo ritornare alla normalità o vogliamo iniziare a vivere? Vogliamo che tutto sia come prima o vogliamo provare a trasformare le nostre case, le nostre comunità parrocchiali, il nostro ministero e le vostre fraternità in un laboratorio di resurrezione? Vogliamo tornare a spolverare il nostro sepolcro o vogliamo sperimentare il brivido della vita nuova che Gesù ci ha regalato? Vogliamo brindare alla Pasqua con l'acqua tiepida della mediocrità o con un calice di vino della nuova alleanza?
A queste domande che ci provocano nel giorno di Pasqua noi rispondiamo: vogliamo iniziare a vivere trasformando la nostra povera vita in un laboratorio di resurrezione. Allora sarà veramente Pasqua!
don Franco Bartolino
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