Tagliare…per un cammino vero e autentico!

Il Vangelo di questa domenica inizia con un episodio che i discepoli riportano a Gesù. Un tale scaccia i demoni in nome di Gesù, è un fatto questo che inquieta e destabilizza i discepoli, sentono di dover intervenire. E Gesù come sempre ha un altro sguardo sulla realtà: non importa che non è un seguace stretto, è uno che fa il bene nel suo nome e questo basta. Gesù non ha paura di chi opera anche fuori dal gruppo dei discepoli, il bene può venire da tante parti, la sua voce può superare i confini che mettiamo noi umani. Forse Gesù sognava una Chiesa così, libera e aperta, che non si aggiudica il diritto di decidere chi merita né di ricevere, né di annunciare il Vangelo. Una Chiesa che non si crede l’unico luogo di verità e di bene, ma piuttosto accoglie tutto quello che si fa, ovunque e da chiunque, in nome di Cristo, fosse anche un bicchiere d’acqua!

Per Gesù il problema non è chi opera in suo nome, ma chi piuttosto, può diventare un impedimento per i piccoli che credono in lui. Marco subito ci fa rincontrare il Maestro esigente che non esita ad un invito alla radicalità, alla coerenza senza compromessi e senza mezze misure. Quello  che è motivo di scandalo va tagliato, eliminato alla radice. Un richiamo a fare un cammino veritiero a livello personale, di ciò che in noi stessi può risultare “pietra d’inciampo”… quello va buttato. Difficilissimo questo lavoro interiore di conversione e purificazione e nello stesso tempo un implicito invito a guardare il male che è dentro di noi e non fuori di noi, come si è soliti fare. Gesù parla usando l’imperativo, è tagliente, duro, ma ci dà così  forse l’unico metodo veramente possibile per una profonda revisione di vita. Di ciò che non va nella vita, nella società, nel mondo noi spesso possiamo diventare solo spettatori, a volte critici, al massimo oppositori a livello di parole. L’unico potere che abbiamo di poter cambiare è su ciò che riguarda noi. Le nostre mani cioè, il nostro operare. I nostri piedi, le vie che scegliamo di percorrere. I nostri occhi ossia il nostro modo di vedere la vita e quello che decidiamo di guardare e amare.

È questo il cambiamento che il Signore ci chiede prima di tutto per noi, che siamo chiamati ad essere incompleti sì. Ciò che manca è il segno di un autentico cammino e per “i piccoli”, i preferiti di Dio, quelli che non aspirano ad essere i primi, che forse non contano niente, quelli dalla fede semplice e umile.

Suor Giuliana

PRIMI PER SERVIRE

In questo brano del Vangelo di questa domenica ritroviamo Gesù in viaggio. È con i suoi discepoli, per loro ha riservato ancora una lezione, torna a parlare del suo passaggio pasquale, vorrebbe a tutti i costi far capire almeno agli intimi qual è il vero senso della sua venuta sulla terra. La vita nuova che attraversa la morte.

Una lezione che proprio non vuole arrivare ai destinatari, i discepoli non capivano, ma neanche avevano il coraggio di interrogare il Maestro. Certe verità e certi insegnamenti è meglio non capirli, si è meno responsabili, comprendere significa anche poi condividere, aderire, fare proprio…E per tutto questo i discepoli non sono pronti. Sono troppo impegnati ad affrontare un discorso più concreto, reale, c’è da decidere chi è il primo. Qui si dividono le logiche, Gesù pensa a dare la vita, da ultimo, i discepoli pensano ai risultati immediati della loro sequela, del loro appartenere ad una comunità. È difficile unire queste due logiche perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie – oracolo del Signore. (Is 55,8)

Gesù, a differenza degli apostoli, non rinuncia a fare domande, a riportare alla verità del proprio cuore: “di che cosa stavate discutendo per la strada?” e ancora una volta ritroviamo il silenzio imbarazzante dei discepoli, consapevoli almeno di essere molto lontani dalla scelta di Gesù che è una scelta di sevizio e di dono, di totale cambiamento. Richiede infatti una decisione di mente e di cuore; “se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Poche parole, chiare, taglienti, forti, si può essere primi, senz’altro, ma nel servizio, nella disponibilità a dare e condividere, nella scelta di abbassarsi e lavare i piedi, nel dare la vita per la gioia degli altri.

Gesù ha solo anticipato con le parole quanto poi farà e la sua lezione sarà evidente e solo allora finalmente i discepoli capiranno e sceglieranno la via del Maestro. Per ora Gesù mette in mezzo a loro un bambino come per dire che il cammino di vera crescita è all’inverso, bisogna tornare ad essere bambini per diventare uomini liberi, puri, senza pretese, capaci di meraviglia e stupore, felici perché certi di essere amati. E chi scopre di essere veramente amato non cerca nessun posto, nessun potere…perchè chi è con Dio è già potente.

suor Giuliana

Ma, voi chi dite io sia? …Tutti alla scuola di un maestro esigente—-   

Anche in questa domenica il Vangelo di Marco ci presenta Gesù in viaggio. È con i suoi discepoli ed è il momento giusto per fare una verifica. Sembra che Gesù voglia fare il punto della situazione, capire cosa la gente ha compreso del suo messaggio, della sua presenza. Sappiamo infatti che la sua fama si è diffusa. Per fare questo sondaggio si fa aiutare dai suoi discepoli: “La gente, chi dice che io sia”?

La gente si è fatta un’idea di Gesù, lo identificano con grandi figure: Elia, Giovanni Battista, uno dei profeti. È strano che Gesù non commenti affatto la risposta dei discepoli sul parere della gente, e continua con un’altra domanda: ”Ma, voi chi dite io sia?  Domanda impegnativa come tutte le domande di Gesù, come quando ci chiede chi cerchiamo, come quando ci domanda se vogliamo essere guariti, come quando domanda a Maria al sepolcro “Donna perché piangi?”.  Gesù così ci educa a mettere fuori il meglio di noi, i desideri più veri e profondi, ci coinvolge in prima persona, insegna a diventare responsabili, a non appoggiarci sulle opinioni altrui, sul pensiero della gente e della folla. A questa seconda domanda risponde solo Pietro: “Tu sei il Cristo”. Ed è facile immaginare un pò di silenzio da parte degli altri, silenzio  riempito da timore e disagio… Non è facile dire chi è Gesù e chi è Gesù per me.  Di sicuro una cosa emerge chiara: è un maestro esigente, che non vuole illudere nessuno sulla sua persona, che non ambisce ad avere tanta gente che lo segua, ma discepoli fedeli alla sua scelta di dare la vita.

Gesù dice ai discepoli cosa significa per lui essere un messia, anticipa la lezione del dono che comporta sofferenza, ma loro non sono affatto pronti per questo discorso.  Pietro è pronto invece a suggerire altre soluzioni, scorciatoie…perché poi soffrire? Gesù lo invita a prendere il suo posto di discepolo, ancora ha tanto da capire. Sta con Dio Pietro, con il Messia che aveva appena riconosciuto e confessato, ma pensa ancora troppo come gli uomini, c’è bisogno di altro cammino, un cammino dietro a Gesù  per vedere il maestro come fa.  Bisogna perdere la propria vita, rinnegare se stessi, seguirlo.

È chiaro, stare con Gesù non porterà nessun vantaggio mai, non è garanzia di successo nè di consensi, è semplicemente percorrere una strada, in salita, e scommettere con lui sulla causa del Vangelo.

suor Giuliana Imeraj

DIO PASSA E APRE ALLA VITA…

Continua il viaggio di Gesù nelle terre pagane, ritenute incapaci di accogliere la buona novella. Ma Gesù non rinuncia a passare e a fermarsi. Per lui non esistono pagani, stranieri, gente incapace di condividere il suo messaggio, dà piuttosto all’uomo, ad ogni uomo, la possibilità di scegliere, di aprirsi, di seguirlo.

Il suo passaggio gli ha procurato tanta fama, la gente ormai sa dei segni che compie e c’è chi diventa mediatore: “Gli condussero un uomo sordo e muto e lo supplicarono di imporgli le mani”. La guarigione di quest’uomo ha inizio in questo gesto, sono gli altri a portarlo da Gesù, a dare inizio a questo percorso di liberazione e di apertura. E Gesù non approfitta di questo momento per aumentare la sua fama, per confermare se stesso, non si procura una prova per poter poi confutare scribi e farisei. No, Gesù prende quest’uomo in disparte e attraverso gesti e parole lo “riapre” alla vita. Quasi a dire che ciò che guarisce è la relazione con lui, ciò che apre è il contatto diretto con il Signore. L’evangelista Marco riporta in maniera dettagliata i gesti di Gesù, non certo per fare di lui un mago, ma per dire alla comunità a cui è rivolto il suo Vangelo che Gesù è il Messia  e, che quanto ha detto il profeta Isaia si sta realizzando; ”Allora si schiuderanno le orecchie dei sordi…e griderà di gioia la lingua dei muti” ( Is 35,5-6).

“Effatà…Apriti” è l’invito per tutti: per i discepoli, per la folla, per il sordomuto, per la Chiesa, per noi. “Apriti” alla relazione salvifica, alla buona novella, ai gesti capaci di trasformare e agire in “disparte”. Il Vangelo chiude con l’invito di Gesù a tacere, ma come al solito viene disobbedito. La folla ha bisogno di commentare, parlare, diffondere la notizia: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e parlare i muti” .

Forse perché parlare è più semplice, più comodo… e tanto è l’entusiasmo intorno a Gesù. Chissà poi se  questo entusiasmo, questa euforia ha portato ad una reale adesione a Gesù, al suo stile, alla sua proposta di misericordia? Chissà se anche la nostra fede non è talvolta troppo piena di esaltazione,  ma non disposta ad una vera apertura

suor Giuliana Imeraj

Il legalismo e la freschezza del Vangelo.

 Il Vangelo di questa domenica si apre con una disputa innescata dai farisei e da alcuni scribi, gli esperti della legge, i cultori del sacro. Affrontano Gesù, salgono da Gerusalemme sulle rive del mare di Galilea, per Gesù luogo speciale di annuncio, terra aperta, laica, attraversata da genti diverse. Pongono a lui una questione: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?» Tutta la loro attenzione è presa da questo culto violato e non riescono a stupirsi del nuovo che avanza, della realtà salvifica che Gesù introduce. Eppure avevano sentito, ascoltato Gesù e  probabilmente lo avevano visto guarire i malati che la folla portava anche sui lettini “e quanti lo toccavano guarivano” (Marco 6, 56).  Non hanno stupore, sono chiusi nei loro schemi e non sanno gioire per la vita restituita.   Hanno già le loro risposte e cercano solo conferme ad una religione ridotta ad una serie di norme e precetti da osservare, che diventano la misura del rapporto con Dio.

Gesù non annulla la legge di Israele, lo dirà con chiarezza: “Non pensate che io sia  venuto ad abolire la Legge o i Profeti, ma a darle compimento” (Matteo 5, 17-18). Ma prende posizione contro ogni tentativo di ridurre Dio, le norme e la liturgia a idolo…Un rischio, questo, grande per Israele, ma anche per ognuno di noi. L’idolo si possiede, è “la parte che il soggetto decide di vivere come il tutto” (Silvano Petrosino). La religione, il religioso, diventa idolo se ci distoglie dal volto del fratello…”Legano pesanti fardelli sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito” (Matteo 23, 4-5).  E’ invece vero che religione autentica è lo sguardo puntato sull’altro e ce lo ricorda S. Giacomo: “religione pura e senza macchia…. è visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”.

Gesù inaugura con il suo Vangelo questo nuovo rapporto con le cose perché “non c’è nulla fuori dall’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro” (Marco 7, 15); rivolge uno sguardo carico di tenerezza e misericordia sul fratello, che sia pubblicano o prostituta o immigrato o carcerato… ; ci rivela il volto di un Dio che è Padre e Madre che va al di là delle apparenze e ci offre una vita in abbondanza: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

Questo Vangelo, che invita a rispondere al Dio che ci ama e ci salva, siamo chiamati ad annunciare. E “se tale  invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo. Poiché allora non sarà propriamente il Vangelo ciò che si annuncia, ma alcuni accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche” (Evangelii Gaudium 39).

Viola Mancuso, pme

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