Gv 20,1-9

“VIDE E CREDETTE”

 
Il primo giorno della settimana…inizia così il vangelo del racconto della Resurrezione. È l’inizio di un tempo nuovo e di un mattino nuovo nel quale il buio va verso la luce.

Maria di Magdala si reca al sepolcro, lì dove sembrava che assieme al tempo si fossero fermate anche la vita e la speranza. Il tempo nuovo che è iniziato, il tempo propizio per vedere con gli occhi del cuore, presenta già la prima sorpresa: la pietra non c’è più e il sepolcro è vuoto!                                                                          Da qui l’esigenza di comunicare la notizia, il desiderio di condividere le paure e i sentimenti  confusi da questa novità.

Ha luogo poi la corsa dei discepoli, una corsa fatta “insieme” nonostante i ritmi diversi e nonostante arrivati al sepolcro, comunque ci si ferma, ci si attende. E si passa a questo punto dal vedere e semplicemente costatare al credere e comprendere con il cuore; “vide e credette”.

Un sepolcro vuoto, i teli posati lì e la certezza che Cristo è risorto. Eppure in questa pagina evangelica non c’è la parola Resurrezione, non c’è nessuno che affermi  o annunci che Cristo è risorto.

È un Vangelo solo di segni  da scorgere e cogliere. E’  un Vangelo che invita a ricordare,  a riportare al cuore quanto è accaduto, quanto Gesù aveva predetto. Ci sono  da  comprendere i segni concreti delle promesse di Gesù, c’è  da accogliere quella Parola che permette, in un certo senso, di unire i puntini e dare al disegno della salvezza un immagine chiara, precisa, inconfondibile, evidente…vide e credette.

È Pasqua di resurrezione ogni volta che partiamo con il buio, ma certi della luce, ogni volta che condividiamo speranze, attese e sorprese. Ogni volta che corriamo insieme e ci attendiamo a vicenda, ogni volta che siamo capaci di vedere un sepolcro vuoto sì, ma nello stesso tempo provare la gioia e lo stupore di una presenza.

E allora sarà sempre il primo giorno della settimana, sarà sempre un nuovo inizio, sarà sempre alba…Sarà sempre Pasqua!

suor Giuliana

Mt 21,1-11

Siamo ormai a Gerusalemme, la città delle mille contraddizioni, il luogo del compimento della missione di Gesù.

L’evangelista Matteo ci presenta l’ ingresso trionfale di Gesù, ma è ancora un Dio bisognoso dell’uomo, chiede un asina per questo evento; “Il Signore ne ha bisogno…”

È proprio così che Gesù è entrato nella storia degli uomini con mitezza, come chi ha bisogno,

è il suo stile, la sua scelta, la sua logica, è il vero modo per stare vicino all’uomo, non come chi dona ma come chi riceve e chiede. Sembra però, che la vera protagonista di questa pagina evangelica sia la folla, la folla prepara la festa, la folla lo acclama come figlio di Davide e ancora la folla risponde addirittura sull’identità di Gesù; “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea” e, sarà ancora la folla a decidere la sorte di Gesù…così sembra almeno! In verità nell’ultima cena Dio porta a compimento la sua scelta di sempre, quella di amare e servire, quella di donarsi senza riserve, quello di dare l’esempio, quello di consegnare la nuova legge dell’amore. E allora comprendiamo che la folla non decide, non sceglie, ma solo segue e accompagna un avvenimento di grazia e salvezza che passerà per il grande dolore del calvario, la morte in croce, il silenzio e poi finalmente una tomba vuota e un annuncio di Resurrezione.

In questa settimana siamo anche noi chiamati a fare una scelta, vivere da folla o da protagonisti, seguire il Signore “come tutti” o permettendogli di liberare un nuovo passaggio nel nostro cuore, nella nostra vita.

E perché questo sia davvero possibile ci lasciamo accompagnare e aiutare dalle parole di Madre Ilia che ci esorta a vivere cosi….

E quando il nostro spirito, staccato a poco a poco dal tumulto mondano, è fatto più

accorto alla divina Parola, quando i nostri sensi stessi si sono, per così dire attutiti per

il mondo sensibile, la Sua grazia ci rende capaci d’intendere il Suo grandemente ho

desiderato di mangiare questa Pasqua con voi, prima ch’io patisca (Lc 22,15) ed il

Figliuolo dell’Uomo ci spiega davanti all’anima sitibonda i misteri del Cenacolo,

dalla Lavanda ai Discorsi del dopo la Cena e quelli più solenni del Golgota,

dall’agonia dell’anima, nell’Orto, a quella del divin Corpo, sulla Croce.

Facciamo silenzio intorno a noi e dentro di noi e seguiamo Gesù, da vicino;

chiediamoGli che ci faccia intendere i Suoi gemiti, il Suo amore, la Sua sete

inestimabile delle anime, lo zelo per la gloria del Padre; il dolore dei nostri peccati, la

misericordia per i peccatori, non lo lasciamo solo nello schianto della Sua Umanità;

siamo i Suoi Cirenei con la nostra sofferenza, le Sue Veroniche col nostro ardore,

Maddalene per il pentimento e per l’amore e Giovanni per la verginità.

Gv 11,1-45
Dal miracolo della luce al miracolo della vita

In questa quinta domenica di Quaresima siamo invitati a contemplare il volto di un Dio non solo attento alle necessità degli uomini, ma soprattutto amico degli uomini.

Questo brano di Giovanni è l’icona dell’amicizia, di quell’amicizia capace di ridare la vita, di far risorgere, di commuoversi, di condividere il dolore fino a farlo proprio. “Se tu fossi stato qui…”, in questa espressione c’è tutta la consapevolezza che la presenza di Gesù può fare la differenza, può cambiare le situazioni, può recuperare anche la morte.

Prima del miracolo della resurrezione di Lazzaro c’è il dialogo di Gesù con Marta; “Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore, vivrà… Credi tu questo?”.      Come il cieco nato, anche Marta fa la sua professione di fede: “Io credo Signore…”. Dopo l’amicizia è la fede che rende possibile la vita nuova. Fede e amicizia, due porte che aprono le strade del cuore e della vita, che aprono i sepolcri, che liberano da qualsiasi morte!

Gesù prima di chiamare Lazzaro, ordina di togliere la pietra per  permettere cioè a Dio di agire. Togliere la pietra è compito nostro, ridare la vita è opera di Dio.

Ognuno forse può uscire dal proprio sepolcro grazie a chi sposta la pietra e grazie a quella voce forte e amica che invita ad uscire fuori, a venire alla luce. Allora siamo restituiti ad un’esistenza sensata: possiamo di nuovo toccare, ascoltare, vedere, gustare…Siamo di nuovo capaci di metterci in cammino.

sr Giuliana

Vangelo di Matteo 17, 1-9
Salire e scendere…per un unico cammino di trasformazione
Questa seconda domenica di Quaresima ci propone un viaggio completo di andata e ritorno. E come in ogni viaggio anche qui non mancano le sorprese; sul monte Gesù si trasfigura davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni.
Per i discepoli il viaggio può essere anche considerato chiuso, ci si può già fermare ; “Signore è bello per noi essere qui”!
Eh, sì! E’ proprio bello quando dopo la fatica della salita si ha la possibilità di vedere il Maestro trasfigurato ed essere inondati dalla sua luce. È confortante soprattutto avere la conferma che non ci stiamo sbagliando sulla persona che stiamo seguendo: “Questi è il figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”! Ma tutto questo non basta, non è sufficiente, bisogna vivere il secondo momento di questa esperienza: la trasformazione e, per viverla , bisogna scendere.
“Alzatevi e non temete” è l’imperativo di Gesù! Bisogna scendere conservando nel cuore la luce della trasfigurazione e stampando per sempre nella mente la voce del Padre.
Allora, si può anche tacere, non c’è bisogno di parlare di trasfigurazione se si vive da trasfigurati…Come chi ha fatto esperienza della sua luce e la sa intravedere anche nella notte più profonda.
Non conta se saliamo, rimaniamo o scendiamo dal monte. Conta che, dopo averlo incontrato e ricevuto la sua luce, ci fa vivere da risorti e ci fa annunciare un anticipo di resurrezione nel nostro quotidiano.

sr Giuliana

Tu credi nel Figlio dell’uomo?

Anche questa quarta domenica di Quaresima ci presenta un incontro apparentemente casuale tra Gesù e un mendicante, cieco dalla nascita.

Gesù è in cammino ma il suo non è un semplice passare sulle strade degli uomini, passa, guarda, si ferma.

Gesù incontra un uomo, uno dei tanti mendicanti sul ciglio della strada, uno di quelli che potremo definire con un “difetto di fabbrica”, irrecuperabile, uno di quei casi persi, un cieco nato, appunto.

Infatti chi sta attorno a lui non pensa che possa riavere la vista ma si domanda piuttosto di chi è la colpa, è più facile infatti cercare colpevoli e addossare responsabilità.

Ma Gesù la pensa diversamente ed ecco il miracolo della luce.

Questa vicenda suscita tante reazioni, incredulità, curiosità, voglia di capire e di indagare, ed ecco erigersi i tribunali umani guidati forse da uomini ciechi non dalla nascita ma per scelta. Ci sono tutte le reazioni ma manca la capacità di gioire perché quest’uomo ha riavuto la vista. È questa la certezza del mendicante guarito, ora vede, e lo ribadisce con forza, è tutto ciò che sa dire ed è tutto ciò che basta per la sua felicità e non ha paura anche se viene di nuovo messo da parte, “e lo cacciarono fuori”. Allora ecco il suo secondo incontro con Gesù, quello che li donerà anche la luce del cuore oltre quella degli occhi; Tu, credi nel Figlio dell’uomo? “Credo Signore”. Un brano evangelico pieno di contrasti, di contraddizioni, di chi cerca e di chi rifiuta la luce, ma si chiude con un atto di fede: “Credo Signore”.

Anche la fede come il desiderio di vedere è una scelta, un cammino, un cercare ma è soprattutto

un lieve, soave abbandono nelle sue mani  “e si prostrò dinanzi a lui.”

Su di noi

Nel nostro nome "Piccole Missionarie Eucaristiche" è sintetizzato il dono di Dio alla Congregazione. Piccole perchè tutto l'insegnamento di Madre Ilia sarà sempre un invito di umiltà, alla minorità come condizione privilegiata per ascoltare Dio e gli uomini.
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