Con il brano evangelico odierno, continua la lettura del discorso della montagna. Dopo quello dedicato alla nuova legge delle Beatitudini ed alle caratteristiche del discepolo (sale della terra e luce del mondo), Gesù dichiara la sua posizione nei confronti di quello che era l'elemento fondamentale della religione ebraica: la Legge di Mosè.

Nel lungo brano di oggi afferma che con la sua predicazione la legge non viene abolita, ma portata a compimento. In filigrana possiamo leggere i problemi che la comunità di Matteo doveva affrontare nel suo passaggio dalle usanze ebraiche alla nuova religione, annunciata da Gesù. Anche Paolo dovette pronunciarsi su questo argomento e fu molto duro, accusando la Legge di essere addirittura "complice del peccato".

 Matteo assume una posizione più conciliante, non distrugge il passato, ma indica la "incompletezza" di una legge ed invita a cogliere i valori che in essa erano racchiusi. Le parole del Signore non sono semplici ingiunzioni o precetti alla cui osservanza è promessa la nostra beatitudine futura, ma modalità di partecipazione alla stessa vita divina, spazi di comunione con lui e con i fratelli, luoghi di intimità.

Il senso della nostra vita si gioca non nel fare semplicemente il bene, ma nel farlo per entrare nel segreto di Dio. E’ un’intimità che fa vivere la vita dentro un’obbedienza ed un’alleanza che sperimentiamo a nostro favore; un’intimità capace di riempire il cuore e di rendere la vita degna di essere vissuta.

Gesù comunica con vigore le esigenze di una vita segnata dall’essere figli di Dio e dalla fraternità verso tutti e partendo da Mosè che dona la Legge sul monte Sinai, fa capire il precetto della legge ebraica e lo fa da Maestro. La sua posizione – seduta - ricorda l’atteggiamento del rabbi ebraico che interpreta la Scrittura ai suoi discepoli. Gesù stesso aveva dato l’autorità di estrarre dal loro «tesoro cose nuove e cose antiche».
Il suo messaggio si concentra sulla felicità in senso biblico, che pone l’uomo nel giusto rapporto con Dio, con la totalità della vita: una felicità legata alla realtà stessa del regno dei cieli. Nella seconda parte del brano evangelico viene sviluppato il tema della «giustizia» del regno dei cieli.                         
      Negli esempi che porta, Gesù mostra la reale intenzione di Dio per l’uomo quanto all’esigenza della santità della vita, perché non ci si chiuda nella menzogna. Non basta evitare di uccidere, Gesù svela la natura omicida dell’ira, del disprezzo, della ribellione contro il proprio fratello, insita nel cuore umano. La preghiera è gradita a Dio, ma solo a condizione che il cuore l’innalzi dallo spazio di riconciliazione voluto e cercato con i propri fratelli.

 La giustizia superiore alla quale Gesù invita i suoi discepoli non si riferisce ad opere diverse da quelle comandate in precedenza, ma alla percezione ed alla fedeltà all’intenzione segreta di Dio, a cui le opere rimandano. Il compimento di cui parla Gesù non allude all’aggiunta di qualcosa, ma alla radicalità dell’esperienza, che risalterà in tutto il suo splendore nel momento della sua passione e morte, che mostra la profondità e la bellezza della promessa di Dio, racchiusa nei comandamenti, perché l’uomo possa godere della comunione con il suo Dio, dentro un’umanità solidale.

                                                                                                                   sr Annafranca Romano

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