“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.

      Essere piccoli non significa regredire a forme di infantilismo spirituale, ma essere totalmente dipendenti da Dio. 

       Nell’esperienza di fede più si è dipendenti da Dio e più Dio ci dona una radicale libertà su noi stessi, sugli altri, sulle circostanze, su tutto. Immaginiamo un bambino piccolo: se sa che c’è suo padre con lui si sente al sicuro, tanto da arrischiarsi anche in cose che da solo non farebbe mai.    

     Essere piccoli significa sperare di essere immensamente e gratuitamente amati. Solo questa certezza, che va confermata e verificata ogni giorno, permette al cuore di ognuno di trovare veramente riposo, fino a renderlo capace di dare sollievo a quanti condividono o anche semplicemente incrociano il proprio cammino.

      Come il Signore Gesù, ciascuno di noi è chiamato a farsi porto di pace e di serenità per i propri fratelli e sorelle in umanità. Potrebbe essere il proposito per questo tempo estivo: non lasciar cadere nessuna occasione per sollevare, consolare, incoraggiare.

   «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28).

La scuola cui il Signore Gesù ci propone di iscriverci è quella della tenerezza divina che si rivela in un amore condiviso e si fa disponibile a portare insieme e serenamente il «giogo» della vita.

 Questo per il Signore Gesù è frutto della sua relazione con il Padre, mentre per ciascuno di noi come discepoli è il frutto della nostra capacità di dare spazio all’opera dello Spirito nella nostra vita.
         La parola del Signore ci ricorda che il modo migliore di riposare è quello di alleggerire e semplificare al massimo il bagaglio del nostro cuore per far sì che il giogo che talora sentiamo essere troppo pesante, non ci opprima fino al punto di paralizzare la nostra possibilità di vivere relazioni che siano autentiche per leggerezza e profondità. Il primo passo sembra essere quello di entrare nel numero di quei «piccoli» di cui il Signore parla al Padre suo.

 «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29).

      L’invito evangelico mostra quale strada sia sempre possibile percorrere perché il disegno del profeta Zaccaria non resti solo un’immagine poetica, ma una concreta possibilità per noi e per gli altri.

Si tratta di assumere il giogo di una vita non più sola perché sempre in cerca di nuove e migliori forme di condivisione. Una vita nuova, capace di trasformare la fatica della comunione con l’altro nel «peso leggero» di uno scambio generoso e gratuito, dove tutto è ormai condiviso e partecipato nell’amore.

                                                                                               sr Annafranca Romano

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