Siamo talmente stati abituati a considerare il messaggio cristiano come un insieme di norme di comportamento, di cose da fare, di atteggiamenti da evitare, di azioni virtuose da compiere, che abbiamo fatto coincidere la nostra salvezza con la bontà delle nostre azioni. “Vuoi salvarti? Devi comportarti bene!”; “Vuoi raggiungere la salvezza dell'anima? Devi compiere una serie di buone azioni!”; “Vuoi andare in Paradiso al termine della tua esistenza? Osserva le norme e i precetti della fede che la Chiesa ti insegna!”. A chi di noi non è stato insegnato così - ovviamente con tutte le buone intenzioni del caso - da parte dei nostri genitori, dei nostri nonni, di chi ci ha cresciuto nella fede? Non che siano affermazioni sbagliate o consigli fuorvianti, ci mancherebbe: eppure, sono sintomatici della mentalità con la quale il messaggio cristiano ci è stato tramandato, ovvero come se si trattasse di una filosofia di vita, di un'etica comportamentale per la quale il cristiano incontra Dio e si salva in base all'abbondanza dei suoi buoni atteggiamenti e delle sue buone azioni, dimenticando, così, che il messaggio cristiano è innanzitutto un annuncio, ovvero l'annuncio di Gesù, Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra salvezza, colui che ci dona speranza di vita e salvezza perché ha vinto il male in tutte le sue forme, anche in quella estrema, che è la morte. E questo, Gesù lo ha fatto e continua a farlo indipendentemente dalle buone o cattive opere che l'uomo e l'umanità compiono. Credo voglia essere proprio questo il messaggio della Liturgia della Parola di oggi, con la quale inauguriamo il terzo dei cinque grandi discorsi del Vangelo di Matteo, il Discorso delle Parabole, che occupa tutto il capitolo 13 dell'opera di Matteo e che ci accompagnerà in queste domeniche di luglio: la forza del Regno di Dio, l'annuncio di salvezza del Vangelo è efficace e raggiunge il suo scopo indipendentemente dai comportamenti e dalla risposta dell'uomo. La nostra bontà di vita non è una condizione, bensì una conseguenza dell'annuncio di salvezza.  E questo, perché la potenza della Parola di Dio seminata e gettata sul campo del mondo è infinitamente più grande anche della migliore delle buone azioni umane. La Parola di Dio ha la stessa potenza e la stessa efficacia - per dirla con le parole del profeta Isaia - della pioggia su un terreno coltivato: “Così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata”. E quando la Parola di Dio è annunciata da colui che non solo la proclama, ma addirittura la incarna, allora la sua efficacia è totale, ed è più forte di qualsiasi espressione del male. Siamo sinceri: spesso siamo enormemente sfiduciati di fronte alla mancata forza del Vangelo, che per quanto sappiamo essere l'unica parola di salvezza che l'umanità possa ancora ascoltare, tuttavia vediamo soccombere sotto i colpi dell'indifferenza e della superficialità. L'indifferenza di fronte a qualsiasi messaggio ricco di valori, che non è solo quello del Vangelo, ma anche quello di donne e uomini di buona volontà che cercano di diffondere una cultura di giustizia e di pace, ha ormai pervaso la nostra società a ogni livello: a nessuno importa più nulla di riflettere, di ascoltare, di metterci testa e cuore nel fare le cose, di dare senso a ciò che si vive. Ci sono anche molte persone che si danno da fare per aiutare ad approfondire, dare messaggi significativi: ma le loro parole e le loro azioni hanno la stessa efficacia di un seme gettato sull'asfalto di una strada, calpestato, ma Gesù seminatore non si ferma. La superficialità in tutte le cose che si fanno ha toccato anche la vita delle comunità cristiane, bravissime spesso ad accogliere con entusiasmo le proposte che vengono fatte per affrontare un cammino di fede profondo e ricco di senso, per poi lasciarle perdere con una certa facilità, nascondendosi dietro a false giustificazioni. Ma Gesù seminatore non si ferma. La brama di essere al primo posto, di apparire, di comandare, di possedere, porta anche molti cristiani a strumentalizzare la Parola di Dio per i propri scopi e per i propri fini: e allora, una comunità di fede diventa un palcoscenico, un luogo per mettersi in mostra, un momento per far emergere ciò che nella sostanza non emergere con l'unica preoccupazione di essere superiori a tutto e a tutti. Ma Gesù seminatore non si ferma, anzi: sa bene che la sua Parola è più efficace di qualsiasi buona o pessima azione umana e di qualsiasi onesto o disonesto comportamento umano e porta frutto: comunque e dovunque, anche in mezzo a tante delusioni e insuccessi e a volte, con risultati sorprendenti.

                                                                                                         don Franco Bartolino

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