Le letture della solennità dell’Ascensione ci propongono una dinamica che diventa centrale nella nascita della prima comunità cristiana. Il Vangelo, infatti, ci presenta l’ascensione come un punto di arrivo, come il compimento della missione di Gesù: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio».
Gli Atti degli Apostoli ci presentano, invece, questo evento come un momento di partenza, è l’inizio della storia della Chiesa. Questo nuovo inizio comincia con un ordine perentorio, rivolto ai discepoli, da parte di Gesù: Restate a Gerusalemme!
È la richiesta da parte del Signore di non scappare, non solo per ricevere lo Spirito Santo, ma anche per affrontare la persecuzione. Il primo compito affidato ai discepoli è attendere.
Sia nella conclusione del Vangelo di Marco che nell’inizio degli Atti degli Apostoli ciò che siamo chiamati a contemplare è innanzitutto la consegna di Gesù al Padre. In entrambi i testi, quella che chiamiamo ascensione, è un’azione in forma passiva: Gesù è assunto in cielo, sottintendendo che quest’azione è operata dal Padre. Gesù vive fino in fondo la sua obbedienza. Guardando il cielo, contempliamo quell’obbedienza che la Chiesa e ogni discepolo è chiamato a vivere.
Nonostante questa distanza, la conclusione del Vangelo di Marco e tutto il libro degli Atti degli Apostoli ci rassicurano sul fatto che piano piano è possibile entrare nel progetto di Dio. E dunque non bisogna scoraggiarsi se anche noi ci sentiamo lontani dalla volontà di Dio.
In maniera molto sintetica, infatti, gli ultimi versetti del Vangelo riassumono i tratti della missione dei discepoli, nei quali possiamo ben vedere quello che i discepoli di ogni tempo possono fare e ciò che sono chiamati a fare: i discepoli hanno il potere di scacciare i demoni che prendono nuovi volti in ogni tempo: i demoni del potere, della violenza, delle discriminazioni, dell’egoismo… I demoni sono tutto ciò che allontana l’uomo da Dio.
I discepoli hanno il potere di parlare lingue nuove, cioè di trovare nuove modalità per annunciare il Vangelo. Possono prendere in mano i serpenti, cioè possono maneggiare anche tutti quei tentativi di seduzione a cui sono sottoposti, così come possono bere i veleni contenuti nelle logiche e nelle parole del mondo senza subirne danno.
Ma i discepoli sono anche chiamati a esercitare il ministero della consolazione, a guarire le malattie degli uomini di ogni tempo, soprattutto a guarire i cuori da tutto quello che spaventa e scoraggia.
Il Vangelo è per tutti e ciascuno di noi è chiamato a portarlo a tutti, sapendo che questa Parola ha in sé la forza di abbattere i muri che l’uomo innalza, per portare tutti all’incontro con il Salvatore.
È una Parola che fa appello alla libertà di ogni persona: si può dire “no” al Vangelo. E nessuno può essere costretto ad accogliere questa Parola. Ma noi che l’abbiamo accolta ne riconosciamo la verità e la potenza.
Prima di tornare al Padre, Gesù ce lo ricorda. E ci invita, senza perdere di vista il cielo, a volgere lo sguardo al nostro mondo, all’umanità intera, con il desiderio che ogni uomo sia salvato. E noi siamo chiamati a essere umili strumenti di questo annuncio di salvezza.
sr Annafranca Romano
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