Dobbiamo essere onesti: siamo un po' tutti come le folle che seguivano Gesù, le quali andavano in cerca di lui solamente quando avevano bisogno di qualcosa e così anche noi ricorriamo a Lui nel momento della necessità, quando abbiamo bisogno di una grazia particolare, e poi, per il resto, non dico che ci dimentichiamo di Dio, ma poco ci manca. Come fece con i suoi contemporanei, Gesù oggi non ce le manda a dire: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Del resto, fa comodo a tutti avere a disposizione qualcuno che ti riempie la pancia senza dover fare dei grandi sforzi e a Gesù, questo non dispiace affatto: credo che sia felice di poterci aiutare e di poter venire in nostro soccorso quando abbiamo una necessità materiale. Ma questo non basta: egli vorrebbe essere lieto di vedere che ci diamo da fare anche per “il cibo che rimane per la vita eterna” e le folle che lo seguono dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, questa cosa la capiscono con una certa facilità, nel dialogo che si instaura tra Lui e i suoi uditori. Sanno bene, infatti, che Gesù li chiama a qualcosa di più, e allora si affrettano a chiedergli come devono comportarsi: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”.
Per comprendere meglio questa domanda, dobbiamo chiederci che cosa si intende, nella mentalità biblica, con “opera di Dio”. Fare qualcosa per “compiere le opere di Dio” significava mettere in pratica la Legge di Mosè: ed è quello che gli interlocutori di Gesù vogliono sapere da lui, dopo aver finalmente compreso che il Maestro può dare loro qualcosa che va oltre il pane materiale come è stato pochi istanti prima, quando cinquemila uomini si sono saziati grazie al miracolo compiuto il quale, tuttavia, porta il discorso su un ambito meno materiale e spiega loro che cosa significhi “compiere le opere di Dio”: non significa più solamente obbedire alla Legge di Mosè, significa innanzitutto credere in Lui sul quale il Padre “ha messo il suo sigillo” e questo è possibile proprio a partire da quell'unico comandamento che Gesù è venuto a portare, di cui il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci è stato un segno evidente.
Il “pane vero disceso dal cielo” donato da Gesù alle folle non è paragonabile al “pane dal cielo” donato da Dio al popolo d'Israele attraverso Mosè. Quello era un pane che saziava la fame grazie a un dono di gratuità totale da parte di Dio; quello di Gesù è un pane che sazia la fame a partire da un gesto d'amore a cui tutti siamo chiamati, quello della condivisione, di cui è stato protagonista un ragazzino che aveva con sé cinque pani e due pesci: un nulla, agli occhi di chi ragiona con la logica egoistica dei soldi, molto di più per chi ragiona con la logica dell'amore condiviso.
“È possibile, allora, avere sempre a disposizione questo pane dal cielo?”, chiedono le folle a Gesù. Certo che è possibile: e non lo si fa passando attraverso il difficile compimento dell'opera di Dio secondo la mentalità dell'Antico Testamento, ma lo si ottiene solamente credendo in Dio attraverso suo Figlio Gesù, l'unico capace di rendere l'Amore condiviso un'opera di Dio. Le folle sembrano aver colto questo, e il loro cammino di fede inizia a partire dal riconoscimento di Gesù come il “Signore” capace di donare loro il pane dell'Amore condiviso: “Signore, dacci sempre questo pane”. Non sarà un cammino di fede facile, e ce ne accorgeremo nelle prossime domeniche, quando le folle inizieranno a mormorare contro Gesù per il suo ritenersi superiore a Mosè e poi ad abbandonarlo. Ma per ora, accontentiamoci anche noi di queste parole di Gesù, che al termine del brano di Vangelo di oggi ci chiede una sola cosa: fidarci di Lui, l'unico capace di saziare la fame materiale dell'umanità attraverso la condivisione e di trasformare il pane condiviso in ciò che, solo, è capace di saziare la nostra fame e sete di Amore.
don Franco Bartolino
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