Stando ai Vangeli di queste ultime domeniche, pare proprio che Gesù stia attraversando un momento di forte incomprensione con i suoi discepoli. Domenica scorsa ha dovuto prendere con le maniere forti Pietro, e chiedergli di tornare al proprio posto, dietro di lui, seguendolo proprio come deve fare un discepolo con il proprio maestro, e non assumendo l'atteggiamento di “avversario” che contrasta il pensiero e l'agire di Dio. Oggi non ci sono prese di posizione accese da parte di Gesù, ma certamente nel gruppo regna la difficoltà a capirsi.
Gesù sta attraversando la Galilea e desidera farlo in incognito, perché - dice Marco - stava “insegnando ai suoi discepoli”. Era, quindi, un momento di formazione riservato a loro perché sta parlando di se stesso e della sua missione: una missione destinata con la sua uccisione. Perché possiamo entrare meglio nella densità di questo brano, Marco aggiunge un particolare importante: “Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo” allora inizia lui a interrogarli, chiedendo loro di che cosa stessero parlando lungo il cammino. È evidente l'imbarazzo all'interno del gruppo, tant'è che nessuno osa dire nulla, proprio come quando, lungo la strada, nessuno gli chiedeva spiegazioni e non era dovuto al fatto che non riuscivano a capire cosa stesse dicendo, bensì al fatto che lo avevano capito molto bene, ma non volevano accettarlo, perché quelle parole erano inaccettabili.
Era incomprensibile che essi, focosi uomini della Galilea, dovessero andare verso il fallimento della missione, prova ne è il fatto che, smascherati da Gesù, si vergognano di dire quale fosse il tema della loro “discussione”. Stavano infatti litigando per capire chi di loro fosse il più importante. Se la prospettiva a Gerusalemme era l'uccisione del Maestro, bisognava già iniziare a pensare alla sua successione, a chi ne avrebbe preso il posto al comando dell'organizzazione. Il fallimento più grande di Gesù è quello di rendersi conto che è seguito da un gruppo di persone che non hanno capito niente di lui, e che sono tremendamente lontani dal suo modo di pensare le cose di Dio. Talmente lontani, che Gesù è costretto a “chiamare a sé i Dodici”, a radunarli di nuovo intorno a lui perché possa far comprendere una buona volta a questi testardi il nocciolo della questione che è una sola: stare con Gesù non significa comandare, ma servire. Essere i primi, con Gesù, significa mettersi all'ultimo posto. Significa mettere al centro non se stessi, ma il Maestro e gli altri, quelli con cui il Maestro si identifica.
E con chi si identifica Gesù? Nel brano di oggi Marco ci mostra chiaramente, proprio con il gesto dell'abbraccio, chi è al centro dei pensieri di Gesù: i piccoli. Questo bambino, abbracciato e messo al centro da Gesù è il simbolo, l'emblema della causa per la quale Gesù darà la propria vita: mettere al centro i più piccoli, i più poveri, gli ultimi e non se stessi. Facendo questo, alla fine, si mette al centro della propria vita Gesù e il Padre che lo ha mandato. Detta a noi, oggi, questa parola cosa ci insegna? A mettere al centro della nostra vita gli altri, soprattutto i più piccoli. E ci fa bene tornare a farlo proprio a partire dai più piccoli, dai bambini, che Gesù abbraccia e mette al centro, mentre la nostra società oggi è arrivata al punto di metterli al centro di una buca, sotterrandoli nel giardino di casa, prima ancora che possano godere della vita. E non diciamo che la cosa non ci riguarda, perché, se si arriva a questo, è perché abbiamo perso il senso della centralità della vita umana, al punto che trattiamo meglio gli animali domestici delle persone stesse.
Che Dio ci perdoni, per non aver capito nulla del messaggio evangelico; che ci perdoni soprattutto per quelle volte in cui, invece che metterci al servizio degli altri, ci mettiamo al primo posto solo per farci vedere. Riflettiamo su queste cose, e ci accorgeremo che quel silenzio dei Dodici, messo in atto per evitare di essere smascherati da Gesù, è lo stesso nostro silenzio, quando cerchiamo di farla franca, di passarla lascia di fronte alle ingiustizie dell'umanità, solo perché ci importa di stare bene noi e che gli altri si arrangino!
don Franco Bartolino
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