Fatti disastrosi che riguardano il clima, la guerra, la violenza sulle nostre strade e spesso anche nelle nostre case, sono oramai all'ordine del giorno: a volte perché ci tocca sperimentarli sulla nostra pelle, e a volte perché entrano nelle nostre vite attraverso i social. Ma anche qualora non fossimo stati toccati da alcuna esperienza di questo tipo, proviamo - anche solo per un istante, aiutati magari anche dalle immagini che ci arrivano quotidianamente dalla Palestina, visto che dopo tanti secoli la lezione della storia non è ancora stata compresa, a immaginare ciò che la comunità dell'evangelista Marco deve aver vissuto con l'evento della drammatica distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 dopo Cristo da parte dell'Impero Romano. Ciò che videro e vissero in prima persona i sopravvissuti fu talmente spaventoso da spingere Marco a dedicare un capitolo intero della sua opera alla rilettura di quell'evento sulla scorta di vari detti e discorsi profetici di Gesù, raccolti in un unico capitolo perché la comunità non perdesse la memoria di quei fatti.

            In questo contesto di totale desolazione, l'evangelista Marco ricorda alla sua comunità alcune parole di Gesù piene di grande speranza, e sono esattamente quelle che abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi. “Dopo quella tribolazione”, ovvero dopo aver riportato alla mente quei drammatici fatti della storia, lo scenario apocalittico si sposta nel firmamento del cielo: a essere sconvolta non sarà solamente la terra, ma anche le potenze del cielo. Detto così, pare che non serva molto a tranquillizzare chi legge: in realtà, il messaggio che vi si cela è di grandissima speranza. Nel linguaggio biblico si parla di “potenze del cielo” per riferirsi, in realtà, ai potenti della terra. Era consuetudine, per i leader politici del tempo, essere considerati come figli delle divinità adorate dai loro popoli, in particolare come figli del Sole e della Luna ritenuti capaci di illuminare e guidare anche nell'oscurità della notte.

            Però coloro che si ritengono tali, presto o tardi termineranno di esercitare il loro potere; così come termineranno pure le cose della terra, ovvero gli eventi della storia con tutta la loro drammaticità e con quel carico di incertezza che sembra farci dire che alla violenza non c'è mai fine. Invece, anche la violenza finirà: finirà per i potenti della terra e finirà pure per il mondo, dove essi hanno potuto far prevalere tutti i loro giochi di potere. Di certo, non finirà l'unica potenza che, in tutto questo perenne sconvolgimento, rimane in eterno: Dio e la sua Parola, il Dio Signore della Storia, più potente di ogni potente della terra. A noi spetta solo il compito della fiducia in Dio, una fiducia capace di riconoscere i segni dei tempi con la saggezza dell'agricoltore, che dai rami e dalle foglie è in grado di riconoscere l'arrivo della buona stagione, della stagione dei frutti. E il frutto della buona stagione di Dio non si chiama morte e distruzione: si chiama salvezza.

                                                                                                                        don Franco Bartolino

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