Era l'Anno Santo 1925, quando Papa Pio XI istituì la Solennità di Cristo Re dell'Universo. Se facciamo un po' di memoria storica, ci accorgiamo come dietro a questa scelta non ci fossero solamente motivazioni liturgiche o dottrinali. Sul mondo di allora, infatti - in particolare sull'Europa - incombevano pericolose forme di totalitarismo politico: dal nazifascismo al comunismo, l'idea che sembrava emergere in quel tempo era quella di una volontà di dominio assoluto, spesso supportata da aberranti teorie di alcuni esseri umani rispetto ad altri attraverso la discriminante della razza.
Pio XI non si sbagliava, quando diceva di intravedere in questi modelli il rischio di un'intensificazione della violenza, verbale e fisica: egli morì pochi mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il cristiano, secondo Pio XI, non poteva riconoscersi nell'uno o nell'altro modello, perché in entrambi era messa in questione la supremazia sul mondo e sulla storia di Gesù Cristo, unico vero Salvatore dell'Universo. E nemmeno voleva che la Chiesa avanzasse la pretesa di esercitare il dominio sui popoli e sulle nazioni del mondo in nome di un Dio Re. Far combaciare la Chiesa con i regni di questo mondo avrebbe portato a una pericolosa duplice deriva: quella per cui, da una parte, la Chiesa dovesse sottostare a tutte le decisioni e le scelte del potere politico tacendo su ogni tipo di sopruso, e quella opposta, per la quale la Chiesa si sentisse autorizzata a diventare una “teocrazia”, nella quale la religione detenga il potere spirituale e temporale allo stesso tempo, cosa peraltro ancora molto presente in alcune visioni religiose cosiddette “integraliste”.
“Ma il mio regno non è di questo mondo”, dice per ben due volte Gesù a Pilato nel famoso brano di vangelo che oggi abbiamo ascoltato: questo significa che nessun modello politico che cerchi di conciliare i valori della fede con le leggi del potere può essere assunto dai cristiani come espressione del Regno di Dio. Pilato fa ovviamente fatica a capire che cosa intende dire Gesù: da buon politico, è preoccupato solamente che a Gerusalemme non ci fosse altro regno che quello di Roma. Per questo, Gesù cerca di offrire a Pilato dei criteri per comprendere in cosa consista il suo Regno. Tra questi criteri, ce ne mette uno molto importante, anzi fondamentale: quello della verità, alla quale egli è venuto a dare testimonianza: una verità basata sulla responsabilità e sulla non-violenza.
Quello di Gesù è un Regno in cui ognuno deve avere il coraggio di testimoniare la verità non nascondendosi dietro a formalità che scarichino sugli altri la responsabilità di costruire una società più giusta come fanno molti politici quando si nascondono dietro la Costituzione da rispettare quando fa comodo a loro, ovviamente. Gesù vuole da Pilato - ma in fondo lo vuole da ognuno di noi - che ci assumiamo la responsabilità di riconoscerlo come Re e Signore della storia, della nostra storia personale e di quella dell'umanità, e di conseguenza di fare qualsiasi cosa purché la giustizia che il Regno di Dio è venuto a portare si compia.
don Franco Bartolino
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