Siamo arrivati finalmente al cuore del cristianesimo: La passione e morte: del Dio vivente! Quaranta giorni fa siamo partiti dal deserto e con il Maestro ci siamo lasciati guidare sul Tabor per ammirare la sua bellezza, alla spianata del tempio, nel colloquio con Nicodemo e in compagnia dei greci che chiedevano a Filippo di poter vedere Gesù. Entriamo nella settimana, definita santa anche se a me piace chiamarla “Settimana Autentica”, perché è il centro della vita di un cristiano e faremo compagnia a Gesù minuto dopo minuto nelle sue ultime ore anche se la nostra vita continuerà a trascorrere regolarmente. In questa settimana, immergiamoci in quest'atmosfera fatta di silenzio, paura, dolore e tradimenti. Saranno i giorni dell'angoscia del Maestro di Nazareth: gli uomini capiranno finalmente? Oppure il Figlio di Dio resterà tra i tanti crocifissi anonimi della storia? Allora fermiamoci e ammiriamo lo spettacolo della croce come lo chiama Luca, lo spettacolo dell'amore.
In questa domenica è raccontata una contraddizione. La folla che accoglie Gesù in maniera entusiasta, che grida “Osanna al figlio di Davide” impugnando dei ramoscelli d'ulivo è la stessa che qualche giorno dopo griderà “crocifiggilo”! Perché oggi raccontiamo questa contraddizione? Perché la Passione è animata da contraddizioni. Racconteremo di Pietro che dice di essere disposto a dare la vita per il Signore, ma crollerà davanti alla domanda di una serva. I discepoli sono stati con lui notte e giorno ma nel momento più doloroso del Maestro scappano. Per non parlare di Giuda.
Quando leggiamo i racconti della Passione non ci sono buoni e cattivi, ci siamo noi, con le nostre luci e le nostre ombre. Siamo noi i discepoli che scegliamo di stare dalla sua parte ma che a volte, sul più bello, scappiamo, tradiamo e magari d'accordo con il Pilato di turno, crocifiggiamo Gesù fuori da Gerusalemme, cioè lo mettiamo fuori dalla nostra esistenza. Solo se abbracciamo questa contraddizione possiamo vivere bene la Pasqua, perché la celebrazione della Settimana Autentica è la celebrazione di un grande fallimento, diventata poi una grande vittoria e se accettiamo di essere contraddittori falliti, allora possiamo dire da che parte vogliamo stare.
Ci siamo accostati al racconto di Marco che conserva praticamente alla lettera il racconto primitivo della Passione, tanto amato dalla prima comunità di Gerusalemme. Marco, a differenza degli altri evangelisti, mette in risalto le reazioni molto umane di Gesù di fronte alla morte che lo aspetta e lo presenta spaventato, terrorizzato. Nel racconto di Marco, Gesù non dice una parola quando Giuda lo bacia e non reagisce quando uno dei presenti mette mano alla spada. Alle autorità religiose che gli chiedono se egli sia il Messia e a Pilato che vuole sapere se è re, risponde semplicemente: “Sì, lo sono”. Poi basta. Insomma, Marco ci presenta Gesù che accetta passivamente quanto gli sta accadendo e, alla fine, conclude semplicemente dicendo: “Si compiano dunque le Scritture!”
In questo spettacolo, due personaggi sono descritti solo da Marco. Il primo è quel giovane presente all'arresto, che “lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo”. Perché inserire questo dettaglio? Ma soprattutto chi è quel ragazzo? La tradizione lo ha identificato con lo stesso Marco, ma il dettaglio del lenzuolo (in greco “sindone”) è carico di profezia. Che cosa lascia questo giovane nelle mani delle guardie? La sindone! È l'immagine di ciò che sta accadendo a Gesù. Hanno catturato Gesù, ma cosa lascerà lui nelle mani delle guardie? Un lenzuolo non la sua persona. Il secondo personaggio è il Centurione. Tutto il Vangelo di Marco ruota attorno ad una domanda: chi è Gesù? Ed ecco finalmente la risposta! Ma la professione di fede è sulle labbra di un pagano, non su quelle di un discepolo: “davvero costui era figlio di Dio”.
Allora ammiriamo questo spettacolo dandoci del tempo. In Quaresima siamo stati noi i protagonisti mentre in questa Settimana il protagonista è Lui! In Quaresima ci siamo chiesti cosa potevamo fare per Dio, in questa Settimana contempliamo attoniti cosa Dio ha fatto per noi! Se a questa Settimana ci avviciniamo per “capire”, ci scivolerà addosso inutilmente; se invece desideriamo che incida sulla nostra esistenza, bisogna permettere che scriva sul nostro corpo perché siamo stati amati con il corpo e con il corpo dobbiamo amare. Ciascuno di noi, solo a partire dai propri fallimenti, può sperimentare la gioia della vittoria della vita sulla morte.
don Franco Bartolino
Informativa sulla privacy