Questa mattina per ovvie ragioni, abbiamo preferito non andare al cimitero per celebrare l’Eucarestia per i nostri cari defunti. Allora ho pensato di condividere con voi un tema mai trattato: il cimitero nella città.

C’è un luogo nella città dove ci si muove solo a piedi, perciò si cammina adagio, si ha tempo per guardarsi intorno, leggere qualche scritta, notare qualche fiore, commentare la bellezza o la stranezza di un monumento. Lo sguardo si ferma anche sulle tombe dimenticate e si interroga sulle vicende umane, la loro precarietà e gli interrogativi sul senso della vita.

C’è un luogo nella città dove il dialogo si può fare anche senza parlare. Il ricordo permette di ripercorrere vicende, rapporti, speranze condivise, dispiaceri, ferite. Il bene fatto, il bene ricevuto, il male fatto, il male subito entrano nel dialogo senza parole.

C’è un luogo nella città dove non si può evitare il pensiero della morte, dell’inevitabile passaggio. Alcuni evitano di pensarci seriamente altri invece, dicono una preghiera, professano una speranza, avvertono una presenza amica.

C’è un luogo nella città dove tutti stanno insieme, buoni e cattivi, gente che ha fatto del bene e gente che ha rovinato la vita di molti, persone illustri e persone sconosciute.

I cimiteri nella città forse talvolta sono una presenza ingombrante e si pensa che sarebbe meglio se non ci fossero. Alcuni pensano che sarebbe meglio disperdere le ceneri in qualche luogo e dimenticare tutto, dimenticare persino la morte e vivere come se non ci fosse. La presenza dei resti dei morti che si raccolgono in un luogo comune, forse invita la città a riconoscere una vocazione alla comunità: non siamo fatti per la solitudine ma nasciamo in una comunità e andiamo a finire in uno spazio comunitario.

 Siamo fatti per stare insieme, da morti, e perciò anche da vivi. Questo suggerisce di contrastare la tendenza alla gestione privatistica della morte, alle ceneri dispersi chi sa dove, alle ceneri conservate negli spazi del privato e perciò sottratti alla preghiera. La presenza dei cimiteri e del loro messaggio nella città può aiutare la città a coltivare soprattutto saggezza.

La presenza dei cimiteri tiene viva la domanda sul senso del tutto e invoca una risposta, e il Vangelo risponde con l’annuncio della speranza, con la promessa di un approdo che sconfigge la morte e fa risplendere la beatitudine. Per questo la città laboriosa, creativa e proiettata verso il futuro può riconoscere nei cimiteri, un invito a essere città saggia, paziente, capace di coltivare pensieri di speranza e di resistere alla troppo facile tentazione dell’esasperata ricerca del successo precario, della ricchezza che il tempo consuma, della potenza con i piedi di argilla.

«Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo; se tu potessi vedere e sentire ciò che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine, e in quella luce che tutto investe e penetra, non piangeresti. Sono ormai assorbito dall’incanto di Dio, dalla sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole e meschine al confronto. Mi è rimasto l’affetto per te, una tenerezza che non hai mai conosciuto. Ci siamo visti e amati nel tempo: ma tutto era allora fugace e limitato. Ora vivo nella serena speranza e nella gioiosa attesa del tuo arrivo tra noi. Tu pensami così. Nelle tue battaglia, orièntati a questa meravigliosa casa dove non esiste la morte e dove ci disseteremo insieme, nell’anelito più puro e più intenso, alla fonte inestinguibile della gioia e dell’amore. Non piangere, se veramente mi ami».  (S. Agostino)

                                                                                                                                don Franco Bartolino

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