Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme sta per terminare ed egli ha appena esortato i discepoli a fare attenzione ai segni che precederanno la sua venuta e a essere pronti ad accoglierlo. proprio per aiutare i suoi lettori a perseverare nel momento della difficoltà e a chiedere con insistenza al Signore che faccia loro giustizia.
Luca racconta questa parabola per i cristiani perseguitati e li conforta dicendogli: “State tranquilli. Se perfino un giudice, malvagio, ascolta una donna, anche solo per togliersela dai piedi, come potete pensare che Dio non ascolti il vostro dolore? Piuttosto pregate e preoccupatevi di mantenere salda la vostra fede”. Scriveva il grande teologo luterano Bonhoeffer: «Dio esaudisce sempre: non le nostre richieste, le sue promesse».
Uno dei cardini della preghiera è questo: lasciarsi amare da Lui. Dio conosce il nostro cuore, inutile riempire la nostra bocca di parole: lasciamo che il cuore si riempia dal Suo amore. Nel linguaggio corrente la preghiera sovente è sinonimo di “domanda” e, in effetti, gran parte è dedicata a chiedere. Il problema non è cercare “momenti di preghiera” che probabilmente non arriveranno mai, ma fare della vita una preghiera, fare del lavoro, dello studio una preghiera. La preghiera, come l'amore, non sopporta il calcolo.
Questa è l'unica parabola, che termina con una domanda. In mezzo alle mille domande che rivolgiamo a Lui, una la rivolge a noi: «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Questa domanda riguarda l'oggi e non solo la venuta finale. Interessante: non ci chiede se troverà l'amore, la religione, la Chiesa, le parrocchie ma la fede perché per Gesù la fede è il primo mezzo di salvezza.
«La preghiera è il respiro della fede» ha detto Papa Francesco: pregare è una necessità, perché se smetto di respirare, smetto di vivere. Sia questo il nostro programma: fermiamoci e lasciamoci amare nella preghiera. Pregare non è altro che aprire la porta e lasciar entrare Dio nella nostra vita.
don Franco Bartolino
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