Quando guardo al mio passato, mi vengono alla mente i volti e le storie delle persone che ho incontrato, i luoghi che ho visitato, le esperienze che ho vissuto e questo è ciò che capita a ognuno di noi. Aprire il libro della nostra memoria è un po' come aprire un album di fotografie, con un pizzico di nostalgia, soprattutto quello della mia ordinazione presbiterale, perché l'album si fa solo nelle grandi occasioni: per il resto possiamo passare in rassegna la nostra storia con la punta di un dito su uno schermo. E ognuno di noi avrebbe quantità incredibili di storie da narrare, pagine e pagine di album dei ricordi da sfogliare, per sé e per i suoi cari.

            In questo album dei ricordi che è la nostra mente, ci sono sempre alcune pagine che rimangono vuote, in fondo, soprattutto quando l'album è grande e difficile da riempire. Queste pagine rimaste vuote avrebbero potuto riempirsi anch'esse di ricordi, e invece sono rimaste lì, senza fotografie e senza ricordi, come se mai nulla fosse accaduto, come se fossero pagine di occasioni perdute.

            E di occasioni e opportunità perdute, quante ne abbiamo avute, chi più chi meno, e queste occasioni non ritornano più perché le occasioni della vita sono come un treno che sfreccia sui binari della nostra quotidianità e passa davanti alla nostra stazione. A seconda del traffico che c'è nella nostra stazione, ogni tanto si ferma: ma sta fermo pochi secondi e se non siamo pronto a salirci su, dobbiamo rimanere a terra senza sapere, però, quando poi passerà nuovamente: e così rischiamo un'opportunità che sfuma. Magari poi ce la prendiamo anche con la vita: alla sua frenetica velocità, al fatto che non abbiamo nemmeno il tempo di ragionare, ed è già sfuggita via. E chi ci va di mezzo non siamo noi, ma la vita, con la quale agiamo in maniera a volte incontrollabile perché la colpa è sempre di qualcun altro. E intanto, le occasioni perdute non tornano più.

            E facciamo lo stesso anche con Dio il quale passa nella nostra vita, ci offre un mucchio di opportunità di salvezza e noi non le sfruttiamo, dando poi la colpa a Lui, facendogliela pagare, a volte anche con reazioni violente. Dio vuole che condividiamo la sua gioia, perché questo è il senso del Regno di Dio, al cui banchetto di nozze siamo invitati ogni volta che Egli vuole entrare nella nostra vita, la vuole cambiare, la vuole rendere migliore, e la vuole riempire di valori, di gioia e di amore.

            Ma è solo peggio per noi se pensiamo che Dio non porti avanti il treno della storia, se pensiamo che Dio blocchi il progetto del Regno solamente perché noi rifiutiamo il suo invito e ci sbagliamo di grosso. Dio non si ferma, e invece di passare da casa nostra torna sulle strade infangate a offrire la bellezza del suo Regno a chi certamente la accoglie perché non ha nulla. Egli va laddove la civiltà non arriva, laddove vivono gli emarginati e gli ultimi, medicanti di un amore e di una speranza di vita, i quali non si fanno certo pregare ad accettare l'invito a un banchetto. E la sala del Regno si riempie e la festa di nozze di Dio con il suo popolo continua, anche senza di noi, uomini e donne delle occasioni perdute.

            Ed è inutile che poi, all'ultimo, facciamo i furbi e cerchiamo di entrare comunque alla festa di nozze senza esserci vestiti dell’abito nuziale, sarebbe come voler saltare su quel treno senza aver prenotato il biglietto, magari con la pretesa di trovarvi posto. No, non possiamo vivere nell'indifferenza agli inviti di Dio, con la facile presunzione di chi dice “tanto alla fine c'è posto per tutti, nel suo Regno”: certo, c'è posto per tutti, ma bisogna volerlo, e da sempre, e da subito, e con gioia ed entusiasmo perché le occasioni perdute di amare e di lasciarsi amare da Dio, non tornano più.

                                                                                                   don Franco Bartolino

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