Le beatitudini di Luca sono diverse da quelle di Matteo: non perché siano quattro invece che otto - in realtà sono otto anche quelle proclamate dal Gesù di Luca - ma perché il numero otto si compone di quattro beatitudini e di quattro “maledizioni”, per restare sempre nel vocabolario usato da Geremia. E questo perché Luca è molto più realista: sa benissimo che il mondo non è un luogo ideale dove si può vivere in pace sperando - come forse fa Matteo con le sue beatitudini - in un mondo futuro decisamente migliore. La vita è qui, è adesso ed è proprio “ora” che voi, che avete fame e sete venite saziati e dissetati e soprattutto, beati siete “voi” miei discepoli, dice ancora Luca, voi che mi state ascoltando, voi che io ho scelto perché ascoltiate la mia parola e la mettiate in pratica seguendomi ovunque io vada.
Matteo aveva scelto di inaugurare, con il messaggio delle Beatitudini, il Discorso della Montagna, il primo dei cinque grandi discorsi che Gesù, come un nuovo Mosè, promulga dal monte, quasi fosse una nuova legge da seguire. Nel Vangelo di Luca, nulla di tutto questo: Gesù non è uno che insegna dall'alto di una cattedra, anzi, è uno che per parlare ai suoi discepoli “alza gli occhi” verso di loro perché loro sono collocati in una posizione pari alla sua. E questo la dice lunga, su un Gesù che - sempre in questo meraviglioso terzo Vangelo si farà servo più che maestro, padre accogliente più che giudice giusto, buon samaritano più che sacerdote.
In buona sostanza, cos'hanno di particolare per dirsi “beati” i suoi discepoli? Hanno dalla loro parte un Dio che si prende cura di loro, per cui non devono aver paura di vivere nella povertà, nella fame, nella sete o in situazione di persecuzione, perché qualcuno che li sazi, li disseti, li protegga e alla fine consegni loro il Regno di Dio lo avranno certamente, anzi, è già in mezzo a loro. E non devono temere la persecuzione perché la stessa cosa è capitata prima di loro ai profeti, eppure ancora oggi li leggono nelle loro sinagoghe, perché rimangono vivi per sempre.
Qualcuno che non è più vivo c'è; ed è qualcuno che non è più vivo pur rimanendo in vita. È qualcuno che muore vivendo, perché è morto dentro, e sul fatto che sia morto non ci sono dubbi; perché quel “guai” di Luca ripetuto quattro volte, non è affatto una minaccia per ciò che capiterà a chi è ricco, sazio, gaudente e benedetto dagli uomini.
Ti senti e sei veramente ricco? Consolati pure, ma sappi che sei morto. Ti senti e sei veramente sazio? Probabilmente ti manca il cibo della vita. Ti senti e sei veramente sorridente? Dentro di voi siete una valle di lacrime. E non importa se ora non ve ne accorgete perché “tutti dicono bene di voi”, perché tutti vi invidiano per quello che fate o che avete, perché tutti dicono che siete “meravigliosi”, perché tutti vi mettono una sfilza di like sui post che pubblicate in quantità industriale: sarà la storia a farvi pagare il conto infatti siete già morti dentro, perché - come ci ha detto Geremia - avete confidato negli uomini allontanando il vostro cuore dal Signore.
Che soddisfazione, sentire il Gesù di Luca esordire nei suoi discorsi con queste parole perché buoni e cattivi, giusti e malvagi, peccatori e illibati, alla fine, in questa vita lo siamo tutti, senza possibilità di scelta. Ma visto che, tra essere poveri-felici e ricchi-maledetti, ci è ancora dato un margine di scelta, allora diamoci da fare!
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