E’ stata la terra il segno a determinare l’inizio del nostro cammino quaresimale: “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai”. Dopo il percorso di questo tempo di preghiera e penitenza, sostenuti dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia, ci prepariamo per entrare nella grande Settimana Santa e la Liturgia ci ripropone il segno della terra.
«In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra» (cfr. Gv 8,1-11).
Il Signore continua a scrivere nella Terra della nostra Umanità. I suoi gesti, accompagnati di un profondo e eloquente silenzio, ci invitano a guardare la terra, la nostra terra, quella della nostra stessa esistenza.
Le sue dita che non si stancano mai di plasmare l’essere umano richiamandolo a rinnovare il cuore e la mente, a imparare per mettere in pratica la legge dell’amore che non esclude nessuno, che non condanna nessuno.Il Signore scrive sulle righe storte della Storia invitandoci a guardare il passato come scuola per il presente fidandoci soltanto della Sua immensa misericordia, l’unica capace di cancellare il male e il peccato, rinvigorendo le nostre forze per aprirci al futuro gravido della Sua Presenza salvifica. Le sue dita lasciano nella Storia delle vere opere di arte, esempi unici di vera umanità, come Paulo (cfr. Fil 3,8-14).
«Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù».
La Verità non alza lo sguardo a coloro che hanno le pietre in mano, pronti a legittimare la loro interpretazione della legge, nascondendo dietro le pietre la durezza e l’ipocrisia del loro cuore. E con il suo gesto semplice quanto potente, il Signore cambia radicalmente le sorti: quelli che condannano se ne vanno chissà, con il rossore al volto per la vergogna o per la rabbia, liberando dalla loro trappola e la legge di Dio, e la donna.
«Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
La Verità rompe il silenzio perché resta solo con la donna rivolgendole la domanda come una spada a doppio taglio: da un lato richiamandola alla sua essenziale identità, como a dire, ricordati che sei Donna, non merce; dall’altro cancellando il suo passato, rimette tutta la vita nelle sue mani: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
La condannata, che non osava alzare lo sguardo, viene assolta dai suoi peccati, amata nel modo giusto, generata a vita nuova: ritorna sicura sui suoi passi a testa alta, testimone di una nuova creazione, un nuovo tempo, un nuovo modo di amare ed essere amata.«Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,16-21).
suor Maria Aparecida
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